
NEI GIARDINI CHE NESSUNO SA di Renato Zero

Toccante poesia di Renato Zero, Nei giardini che nessuno sa racconta la difficile condizione delle persone deboli e sfortunate, quelle persone che soffrono per una malattia, per una depressione, per una vita di solitudine nella vecchiaia, in pratica tutta quella categoria di persone che soffrono di disabilità. Più in particolare, il testo della canzone va a sottolineare l’indifferenza della gente “normale” nei confronti delle persone disabili, dai portatori di handicap, agli anziani e i malati.
Più che una canzone, quindi, questo commovente brano di Renato Zero consiste in un appello alla società odierna, che talvolta finge di non sapere (da qui il titolo, Nei giardini che nessuno sa), o di non vedere, negando di conseguenza il proprio aiuto o sostegno a queste persone disagiate. Tra l’altro, anch’egli si pone tra questi “inabili”, ovvero coloro che si trovano dall’altra parte, coloro che non comprendono l’enorme importanza rappresentata da una mano tesa, o semplicemente da un gesto d’affetto, un gesto che però può rimettere al mondo chi sta soffrendo, fisicamente o emotivamente.
Quei giardini sono poeticamente descritti per indicare quei luoghi dove la sofferenza impera, come gli ospedali, le case di risposo, gli ospedali psichiatrici… luoghi in cui nessuno entra guardandosi attorno, non a tal punto da essere toccato dalla compassione e dal desiderio di cambiare le cose, di dare un piccolo contributo per restituire il sorriso a qualcuno.
Pubblicata nel 1994, Nei giardini che nessuno sa è stata scritta da Renato Zero in collaborazione con Danilo Riccardi, ed inserita nell’album Imperfetto. È un pezzo bellissimo della Musica Italiana, e talmente apprezzato da essere poi inserito in diverse raccolte dell’artista.
Nel 2006 Laura Pausini ne fece una cover, includendola nel suo album Io canto, ma è stata l’unica “audace” a reinterpretarla, essendo l’interpretazione di Renato assolutamente divina. Egli la canta sempre nei suoi concerti, è una pietra miliare del suo repertorio, ed oltre a commuovere commuove ogni volta anche se stesso, rendendosi conto di essere impotente nei confronti della sofferenza pura.


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